In Italia il caffè è un rituale. Chi lo prepara a casa con la moka, chi preferisce l’espresso al bar; e se parliamo di espresso c’è chi lo ama ristretto, chi lungo o doppio in tazza grande… l’importante è che sia un appuntamento immancabile della giornata. Per noi di Costadoro non è sufficiente. Nella nostra piramide di valori, al vertice poniamo come sempre la qualità. E parlando di qualità non si può non menzionare gli Specialty Coffee. Di cosa si tratta?
Una filiera d’eccellenza

Tutto ebbe inizio nel lontano 1982, quando negli Stati Uniti venne fondata la Specialty Coffee Association of America (SCAA). Negli anni si trasformò in SCA: SPECIALTY COFFEE ASSOCIATION, con una fusione di SCAE e SCAA da cui nacque la più autorevole Associazione mondiale per la promozione dell’eccellenza nel mondo del caffè. Lo scopo dell’associazione è tutt’oggi quello di promuovere una vera e proprio cultura del caffè, in cui vengano riconosciute le eccellenze, e dove la bevanda più bevuta al mondo non venga considerata erroneamente solo un concentrato di caffeina.
Secondo alcuni con la crescita dell’attenzione rivolta agli Specialty Coffee è scattata una rivoluzione, che viene indicata come la “third wave” (terza onda) del caffè. Questa ondata farebbe seguito alla prima, indicante la diffusione del caffè dopo la sua scoperta, e alla seconda, relativa alla produzione su scala globale da parte dei grandi marchi.
Il cupping per definire uno Specialty Coffee

La stessa SCA stabilisce dei parametri molto rigidi per ottenere la certificazione di Specialty Coffee. Su una scala da 1 a 100, il caffè preso in esame deve conseguire un punteggio superiore ad 80. La valutazione avviene attraverso il cosiddetto cupping, definito anche come assaggio alla brasiliana.
Il cupping è l’esame di corpo, gusto e retrogusto del caffè con cui si stabilisce la qualità dello stesso. Vediamo però nella pratica come si articola questa particolare analisi.
La prima fase viene definita “Dry Fragrance”, e consiste nell’annusare il campione del caffè macinato per analizzarne la fragranza.
Questo primo incontro con il caffè, viene seguito dalla fase del “Wet Aroma”. Nella tazza contenente il caffè si versa dell’acqua calda ad una temperatura di 93° circa, e si annusa l’aroma del caffè bagnato. Tale passaggio serve all’assaggiatore esperto per individuare la differenza tra i sentori percepiti nella prima fase a secco e quelli sprigionati dopo l’infusione con l’acqua calda. Quali ancora prevalgono? Quali sono svaniti?
Dopo di che si passa alla terza fase definita “Fleur”. L’assaggiatore attende qualche istante, fin quando sulla superficie della bevanda si forma una crosta, la quale viene in seguito rotta con un cucchiaio apposito. Nuovamente l’esperto sfrutta il proprio olfatto per cogliere le proprietà aromatiche della bevanda.
Le ultime due fasi dell’analisi sono invece il “gusto” e il “tatto”. Per quanto riguarda il gusto l’assaggiatore aspira con forza dal cucchiaino il caffè per individuare le caratteristiche fondamentali: dolcezza, amarezza e acidità.
Nel passaggio riguardante l’analisi del tatto invece, l’assaggiatore comprime la bevanda tra lingua e cavo orale per decifrare la corposità del caffè. Quanti punti avrà ottenuto la bevanda esaminata? Potrà essere definita come Specialty Coffee?
Lo Specialty Coffee alla conquista del mercato del caffè
Rispetto a qualche anno fa, gli esperti del settore affermano che la qualità del caffè italiano è sostanzialmente migliorata. Il problema principale è che nonostante siamo dei grandi consumatori di espresso, non abbiamo ancora una grande cultura nei confronti della materia prima.
Come già affermavamo in apertura, il caffè in Italia è un rito, ma che spesso viene vissuto con superficialità. Si va al bar, si beve l’espresso velocemente quasi come fosse una medicina, si scambiano magari due chiacchiere al volo con il barista, e poi via nuovamente nel ritmo frenetico delle nostre vite.
La cultura del caffè passa irrimediabilmente per le mani dei baristi, i quali non possono limitarsi a svolgere il ruolo di meri esecutori di espressi, ma dovrebbero impersonare il ruolo di educatori o meglio… di veri e propri Coffee Chef. Questo passa indubbiamente attraverso un maggiore impegno nell’offerta, proponendo metodi di estrazione alternativi come ad esempio i caffè filtro (ad esempio il syphon, il cold brew e l’aeropress, il V60, etc).
Alla base c’è però anche un problema economico. La cultura proposta dalla Specialty Coffee community richiede un giusto corrispettivo. L’utilizzo di materie prime di assoluta qualità, seguite da fasi di lavorazione particolari e da metodi di estrazione dispendiosi anche a livello di tempo, richiede un aumento del prezzo del prodotto finale. Una tazza di uno Specialty Coffee oscilla in media tra i 2 e 4 euro.
La difficoltà sta proprio nel rompere quel muro della quotidianità dell’espresso ad 1 euro. Per ora lo Specialty Coffee resta una nicchia di mercato.
Tuttavia è bene anche guardare il tutto dalla prospettiva del bicchiere mezzo pieno: le piccole torrefazioni e i luoghi in cui gustare gli Specialty Coffee si stanno espandendo nel nostro paese a macchia di leopardo.
Cosa prospetterà in futuro il mercato del caffè non ci è dato saperlo, ma noi di Costadoro continueremo sempre a guardare avanti con un unico obiettivo: la qualità.