Le certificazioni sono un tassello fondamentale nonché una garanzia imprescindibile del rispetto delle disposizioni di legge, sia per le aziende che per i propri clienti.
Quante volte avete notato un marchio di un ente certificatore sulle confezioni di un prodotto, oppure la scritta “azienda certificata con il sistema ISO”?
Ma cosa significano per il consumatore e soprattutto per il produttore? Quali garanzie offrono e come si leggono?
Di seguito proveremo a fornirvi una breve guida per ottenere queste risposte!

Le Certificazioni ISO
Iniziamo dalle più comuni Certificazioni ISO.
La norma UNI EN ISO rappresenta uno standard internazionale di procedure.
UNI è la sigla dell’Ente Nazionale Italiano di Unificazione.
La sigla EN, si applica alle norme elaborate dal CEN (Comité Européen de Normalisation) e quando la norma viene adottata in Italia, prende il nome di normativa UNI EN.
Con la sigla ISO si identificano le regole elaborate dall’ISO (International Organization for Standardization).
Questa sigla è successivamente seguita da 2 numeri: il primo indica il tipo di certificazione mentre il secondo l’anno di aggiornamento.
Nel settore del caffè e delle torrefazioni le certificazioni più utilizzate sono:
- La norma ISO 9001 che definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità per un’organizzazione;
- La norma ISO 14001 che definisce che l’organizzazione certificata abbia un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività, e ne ricerchi sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e soprattutto sostenibile;
- La norma ISO 22000 che è una norma pubblicata al fine di armonizzare gli standard (nazionali e internazionali) pre-esistenti in materia di sicurezza alimentare e analisi dei rischi e controllo dei punti critici (HACCP) e la 22005 che è il documento di riferimento internazionale per la certificazione di sistemi di rintracciabilità agroalimentari.
Queste sono in sintesi le principali normative che si possono trovare sugli imballi dei prodotti alimentari e non solo. Esse sono tutte certificazioni volontarie che assicurano il consumatore sulle buone pratiche adottate dall’azienda, ma non certificano la bontà o la qualità del prodotto stesso.
I prodotti BIO
Vi sono poi le certificazioni relative ai prodotti biologici.
Con l’apposizione di questi marchi viene garantita tutta la filiera della produzione biologica fino alla vendita finale, o nel caso ad esempio del caffè in grani per i bar, fino alla consegna del pacco.
Il logo della certificazione (la classica euro leaf) deve essere accompagnato sempre da un codice, ad esempio IT (nel caso di un ente certificatore italiano) 005, che identifica l’organo di controllo biologico che ha effettuato le verifiche sul produttore o sull’ultimo trasformatore di un prodotto, ed infine il numero identificativo dell’operatore controllato.

Il logo identificativo di un prodotto biologico può essere concesso ed applicato sulle confezioni solo se:
- Il 95% degli ingredienti di origine agricola proviene da agricoltura biologica;
- La confezione riporta i nomi del produttore e del venditore e il codice dell’organismo che si è occupato di controllare l’ultima operazione prima della messa in vendita;
- I due cicli produttivi (biologico e convenzionale) sono stati separati anche durante il trasporto;
- Il prodotto è stato analizzato presso laboratori che operano con metodi analitici ad alta sensibilità.
Secondo la normativa sarebbe vietato utilizzare la dicitura “biologico” nelle etichette e nelle pubblicità, se il prodotto non ha ricevuto la certificazione ufficiale. Purtroppo, ancora oggi molti loghi e marchi contengono la parola “bio” solo per motivi di marketing, senza avere alcuna certificazione.
Di conseguenza non fidatevi di alcun marchio che contenga termini come “bio”, “eco” o “green” a meno che non compaia il logo “Euro-leaf” sulla confezione.
Di regola i prodotti di agricoltura biologica dovrebbero essere coltivati con un sistema di produzione che rispetti il più possibile i cicli di vita naturali. Ciò implica che l’impatto umano debba essere ridotto al minimo, al fine di preservare le caratteristiche del suolo e salvaguardare la biodiversità. Le regole che dovrebbero essere seguite per ottenere la certificazione bio sono le seguenti:
- No OGM: non si possono utilizzare organismi geneticamente modificati;
- No sostanze chimiche: l’utilizzo di agenti chimici come antibiotici, pesticidi e fertilizzanti sintetici è molto ridotto;
- Sostanze naturali: si preferiscono fertilizzanti naturali, come il letame o il compost;
- Rotazione stagionale: si effettuano rotazioni delle colture, così da impedire ai parassiti di proliferare;
- Difesa contro parassiti: nel caso ci sia bisogno di difendere le colture da parassiti si può intervenire con sostanze naturali di origine animale, vegetale o minerale, ma solo se autorizzate dal regolamento CE;
- Insetti utili: si utilizzano tecniche di salvaguardia di insetti che sono antagonisti dei parassiti;
- Pacciamatura: viene effettuata la copertura del terreno con erba fresca o fieno per isolarlo termicamente e inibire la crescita di erbe infestanti.
Generalmente i prodotti biologici hanno un costo più elevato rispetto ai prodotti tradizionali.
Tale differenza di prezzo è giustificata dal fatto che le rese produttive delle coltivazioni e degli allevamenti bio sono generalmente più basse di quelle tradizionali e dall’insufficiente ottimizzazione dei costi di produzione, come ad esempio quelli di trasporto.
Accade spesso che le materie prime biologiche non siano prodotte a poca distanza l’una dall’altra e che occorra percorrere chilometri per trasportarle; questo è dovuto al fatto che il mercato del biologico è in fase di espansione, quindi il volume della produzione bio ancora non giustifica l’ottimizzazione della logistica e dei trasporti dedicati solo al settore biologico.
Anche nel processo di trasformazione si presentano dei costi aggiuntivi legati alle misure per evitare contaminazioni tra bio e non bio, come ad esempio le operazioni di pulizia in tutte le fasi della produzione e le analisi chimiche sia sulle materie prime che sui prodotti finali. A questi vanno sommati infine i costi di certificazione che impattano tutti gli anelli della catena, dal produttore agricolo al commerciante all’ingrosso.
Le certificazioni di sostenibilità
Ed eccoci giunti alle certificazioni di sostenibilità.
La più famosa e conosciuta a livello internazionale è la certificazione Fairtrade, che in italiano si traduce in equo e solidale.
Il commercio equo e solidale è quella
forma di attività commerciale nella quale l’obiettivo primario è la lotta
allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche, politiche o
sociali.
È quindi una forma di commercio internazionale
nella quale si cerca far crescere aziende economicamente sane e di garantire ai
produttori ed ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento
economico e sociale equo e rispettoso.
Tutti i soggetti della filiera contribuiscono a questo: dal trasportatore al consumatore finale, il quale consapevolmente, acquistando o consumando un prodotto equo solidale fornisce commisuratamente la sua partecipazione economica; motivo per cui normalmente anche i prodotti così certificati hanno un prezzo di vendita differente.
Ma anche qui occorre fare attenzione, in quanto ad esempio il marchio FAIRTRADE può essere utilizzato esclusivamente su imballi di monoprodotti con il 100% di materia Fairtrade.

Diversamente viene inserito un logo di colore bianco unito al nome dell’ingrediente Fairtrade utilizzato, ad esempio il cacao Fairtrade nei cereali per la colazione.

Vi sono poi altre certificazioni che consento l’apposizione del marchio anche con percentuali minori di prodotto e che ovviamente possono trarre in inganno, oppure (agli occhi di un consumatore poco informato) possono apparire come certificazioni di mercato equo solidale quando invece non lo sono.
Se avete piacere di approfondire questi aspetti, potete visionare e scaricare CLICCANDO QUI un interessante lavoro svolto da PFCE – Plate-Forme pour le Commerce Équitable.
Le certificazioni in Costadoro
Noi di Costadoro crediamo molto in quello che facciamo e quando abbiamo iniziato a certificare l’azienda con la norma ISO 9001 erano gli albori di questo sistema che ci ha permesso di tenere costantemente sotto controllo le nostre procedure, migliorandole continuamente fino ad oggi, dove abbiamo un’efficienza di controllo e verifica sui nostri sistemi produttivi e gestionali tali da poter rispondere ad ogni esigenza del Cliente.
Dal 2015 abbiamo inoltre avviato una decisa “svolta green”, acquisendo anche la certificazione ISO 14001, che sprona a spingerci sempre oltre nel monitorare i miglioramenti che possiamo incrementare per aiutare il nostro pianeta.
Siamo così giunti nel 2020 ad essere la prima azienda italiana ad utilizzare un imballo completamente compostabile per le sue miscele certificato OK COMPOST INDUSTRIAL.
Produciamo inoltre con orgoglio la nostra Miscela di caffè biologico Costadoro RespecTo: la miscela ecosolidale dove il caffè utilizzato è 100% proveniente da agricolture biologiche e 100% certificato Fairtrade, affinché il pianeta che ci fornisce le risorse e le persone che faticano per produrre la materia prima siano maggiormente tutelati e rispettati.

L’augurio è che il nuovo prodotto, declinato anche per caffè filtro e per moka, possa con il tempo arrivare a sostituire gran parte della nostra produzione, fornendoci la possibilità e lo stimolo per creare nuove miscele Bio e Fairtrade, fino ad arrivare a coprire il 100% della gamma.
Be Green, be Proud, be Costadoro!